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Trisha Brown: danza e coreografia postmoderna

Trisha Brown rappresenta uno dei personaggi chiave per comprendere l’evoluzione della danza contemporanea. Perfettamente bilanciata fra ricerca concettuale e creativitá artística, ha infatti saputo segnare il passo ed indicare una strada da seguire per il futuro, in particolare grazie al proprio stupefacente lavoro sul corpo e sul concetto stesso di fisicitá. È anche la creatrice della cosiddetta danza verticale, forse l’elemento che più di altri la contraddistingue al grande pubblico: ma dietro ad esso esiste una interessantissima carriera da coreografa ed artista.

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La Brown nasce negli Stati Uniti nel 1936 ed inizia prestissimo a studiare danza. È però con il trasferimento a New York che inizia seriamente a lavorare sul concetto di danza che svilupperà nella carriera matura: è il 1961 e, naturalmente, si trova coinvolta da quel fermento artístico che insieme alle varie discipline coinvolge anche la danza. In questo periodo inizia anche a frequentare i corsi di Robert Dunn, un musicista determinate ad applicare le idee di John Cage al contest della danza (senza dimenticare ovviamente la stretta collaborazione che si sarebbe creata poi fra Cage e Cunningham). Seguono vari mesi di studio che porteranno, nel 1962, alla presentazione di “Concert of Dance n.1”. Si tratta di una pietra miliare della storia della danza contemporanea che affermò da un lato la nascita del Judson Dance Theater, e dall’altro la nascita di ciò che oggi chiamiamo danza postmoderna.
E`chiaro a questo punto che il ruolo di Trisha Brown nella storia della danza affiancò ben presto quello di Merce Cunningham nell’aprire nuove vie.

Non è comunque semplice capire interamente il lavoro della Brown: esistono varie fasi ed è importante conoscere per darne una lettura sensata. All’inizio della propria carriera matura, infatti, optò per una ricerca delle basi, dei fondamenti della danza, cercando di evitare di disperdere le energie creative nella strutturazione di una trama, o di un accompagnamento musicale. Creò quindi delle pieces che apparvero piuttosto fredde, con l’uso di elementi esterni al corpo del danzatore: è anche il periodo di ricerca che la portò all’introduzione della danza verticale.

Naturalmente, non avendo una trama o una musica, dovette ricercare qualche elemento di coesione per le strutture di movimento che creava. Una prima soluzione fu quella di determinare delle regole di gioco fra I ballerini. In pratica venivano determinati dei pattern di movimento fra i danzatori, che restavano fondamentalmente liberi di muoversi come credevano attenendosi però a semplici regole. Un famoso esempio è la serie “Rulegame”. Esempi più complessi sono invece i lavori dei primi anni ‘80, in cui le regole si facevano più strette ed in cui prevaleva nettamente l’approccio amtematico alla coreografia, che veniva intesa come un’energia in grado di muovere delle particelle di materia – i danzatori.

La sopresa nella carriera della Brown arrivò però negli anni ’90, quando improvvisamente decise di inziare ad usare musica giá esistente per le proprie coreografie: era in particolare attratta da quei compositori che palesavano un formalitá rigorosa, come Bach.

Ancora oggi, nonostante l’etá avanzata, Trisha Brown continua a soprendere il suo pubblico grazie ad un lavoro inarrestabile che l’ha portata, in tempi recenti, anche sui palchi di importanti mostre di arte contemporanea, come Documenta 12: ad indicare quanto il suo lavoro sia da sempre imparentato con energie che vanno ben aldilà della pura danza.

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Trisha Brown: danza e coreografia postmoderna Aggiornato: 2022-11-22T00:35:00+01:00 da luca

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