La danza è uno dei linguaggi espressivi più spontanei che l’essere umano conosca. Sin dalle origini delle civiltà, l’uomo ha fatto ricorso al movimento per esprimere e manifestare una gamma di emozioni e di bisogni che difficilmente avrebbero potuto essere codificati in altre forme. In epoca preistorica, ma anche nelle successive civiltà greche e romane, o del bacino mediterraneo, e non solo, troviamo la danza come parte integrante del rituale religioso, o di momenti importanti di vita collettiva.
Quella che oggi chiamiamo danza classica è in realtà una danza nata da una graduale codificazione di norme della cosiddetta danza aulica. Siamo in epoca rinascimentale, nelle corti italiane e francesi, dove vengono danzati abitualmente dei balli di corte. Si tratta di una forma di danza che seguiva norme specifiche, e comprendeva lo studio di passi, posizioni e movimenti. La danza veniva studiata e praticata a corte. Era un fatto di educazione, di compostezza, di atteggiamento. Tutto, ogni dettaglio, doveva contribuire a manifestare lo status nobiliare di questi cortigiani. Non è un caso se nel Quattrocento, esiste una figura specifica, il maestro di ballo, che insegna a signori e cortigiani l’arte del ballo. Domenico da Piacenza, chiamato Domenichino, scrive un manuale, chiamato De arte saltandi et choreas ducendi, mentre Guglielmo Ebreo da Pesare diventa importante alla corte di Federico da Montefeltro scrivendo il De pratica seu arte tripudii vulgare opusculum. Si tratta di pubblicazioni particolarmente importanti per gli inizi della danza nella sua forma “codificata”.
Nel corso del Cinquecento, poi, presso la corte francese, troviamo il primo balletto della storia, il cosiddetto Ballet Comique de la Reine, che comprendeva brani in parte recitati, in parte cantati o danzati. Siamo nel 1581 e l’aggettivo “comique” indica la tematica trattata da queste composizioni appartenenti all’ambito della Commedia. Si arriva così al Seicento, quando troviamo il coreografo Pierre Beauchamp alle prese con la tecnica della danza. A lui si devono le cinque posizioni classiche. Rispetto al primo periodo, quello rinascimentale, in cui la danza era parte della vita di corte, e tutti potevano praticarla, come parte essenziale di un momento di condivisione sociale, ora la danza, nel Seicento comincia a divenire una “professione”. Tutti i danzatori dei primi tempi erano uomini, e soltanto nel 1681 una donna sale sul palco potendo danzare.
Nella seconda metà del XVII secolo, è la Francia la protagonista della storia della danza classica. Qui, Luigi XVI così appassionato di danza tanto da essere chiamato “Re Sole” per aver preso parte come “Sole nascente” nel Ballet Royal du Jour et de la Nuit del 1653 sostiene la nascita dell’Académie Royale de Danse come istituzione importante per la definizione di norme che regolano l’arte della danza. Si tratta di un passaggio particolarmente importante in quanto è con l’Accademie che si avvia un lavoro di codificazione di norme comuni a tutte le forme di danza classica. Com’è noto la terminologia del balletto classico è in lingua francese; i nomi delle posizioni sono ancora espresse e studiate anche oggi in questa lingua proprio in virtù di questa radice storica.
Nel Seicento, dunque, la danza “esce” dalle corti per diventare protagonista dei teatri. Le sue forme più diffuse erano la tragédie-ballet, la comédie-ballet, l’opéra-ballet, forme di spettacolo che comprendevano vari momenti, dalla danza al teatro, al canto.
Nel corso degli anni poi, tutte le conoscenze elaborate e trasmesse diventano il fondamento teorico della danza classica. Il lavoro di sistematizzazione di quest’arte perdura anche nei secoli successivi. Nel Settecento, ad esempio, Raoul Feuillet pubblica un volume in cui confluiscono queste regole, passi base e posizioni che erano stati elaborate nel periodo precedente. Si tratta di un lavoro importante per la trasmissione delle conoscenze della danza classica delle origini.