I veri appassionati di danza classica avranno sicuramente già sentito parlare di George Balanchine, uno dei più grandi fautori del passaggio dalle tecniche più arcaiche a quelle più innovative di danza, a cui è legato l’omonimo metodo da lui messo a punto nel corso del Novecento.
Il cosiddetto “Metodo Balanchine” si basa sull’attuale concetto di “danza neoclassica”, ad indicare proprio la volontà di prendere le distanze dal balletto “statico”.
Il ballerino e coreografo georgiano ebbe la possibilità di studiare, sin dalla più tenera età, presso le scuole più prestigiose della Russia, tra cui la Scuola Imperiale di Balletto ed il Conservatorio di San Pietroburgo. Qui, ancora molto giovane, riuscì a dedicarsi allo studio a trecentosessanta gradi di più discipline, partendo da quella della danza, per arrivare al pianoforte e alla composizione musicale, gettando le basi per una carriera a tuttotondo.
Tuttavia, l’impostazione ricevuta nel corso dei suoi intensi studi rimaneva fin troppo statica e sterile agli occhi del giovane Balanchine. Pertanto, dopo aver conseguito il diploma, decise di fondare la sua prima compagnia di ballo, portando in scena i rudimenti di quello che poi diventerà il suo personalissimo metodo.
Lo Young Ballet, questo era il nome della compagnia, si esibiva a piedi nudi, danzando su coreografie decisamente troppo sperimentali per il concetto tradizionale di danza classica, molto in voga nei teatri russi dei primi anni del Novecento.
La compagnia, pertanto, decise di trasferirsi all’estero con il nome di Ballet Russes, riscuotendo un discreto successo.
Sfortunatamente, la carriera da ballerino di Balanchine subì un brusco arresto in seguito a un grave infortunio. Fu proprio questo incidente a spingere il giovane George a dedicarsi quasi esclusivamente a plasmare in modo ancora più concreto il proprio personalissimo ed innovativo concetto di danza.
In seguito all’incontro con il mecenate americano Lincoln Kirstein, collaborò con la prestigiosa School of American Ballet, per poi fondare la celebre compagnia “New York City Ballet”. Entrambe le navi guidate da Balanchine riuscirono a riscuotere un enorme successo, merito soprattutto dell’innovativo concetto proposto dal coreografo.
Il “metodo Balanchine”, infatti, segna un taglio netto rispetto alle rigide composizioni del balletto classico, puntando a formare artisti molto preparati dal punto di vista della danza, ma anche da quello della musicalità, dell’estetica e del movimento.
Ricordiamo, infatti, che Balanchine, oltre ad aver ricevuto una formazione da ballerino e coreografo, era anche pianista e compositore, per cui il metodo da lui proposto mirava proprio ad unificare tutti questi aspetti, per ottenere un’esecuzione completa su più fronti.
Tra i principi alla base del “metodo Balanchine”, ai primi posti spicca soprattutto quello del rispetto della musicalità. Il balletto, infatti, è costituito non solo dalle coreografie danzate, ma anche dalla musica che fa da complemento.
Pertanto, gli spettatori devono poter ammirare l’esecuzione dei ballerini, riuscendo però a percepire la perfetta unione del movimento in piena armonia con la musica.
Usando degli esempi più tecnici, gli artisti che si avviavano allo studio del “metodo Balanchine”, erano chiamati a rispettare scrupolosamente i tempi e i fraseggi per ogni singolo movimento. Non a caso, il coreografo era riuscito a mettere a punto un conteggio diverso rispetto a quello classico, per esempio in cinque, sei o nove tempi. Un altro aspetto molto interessante del metodo è l’apertura del movimento della gamba, che deve cadere sul levare anziché sul battere, come invece è previsto per la danza tradizionale.
Inoltre, secondo Balanchine, la danza deve essere svincolata da ogni intreccio narrativo e dai sentimentalismi.
L’emozione suscitata dal balletto nello spettatore deve originare dall’esecuzione della coreografia, dal perfetto connubio con la musica, ma soprattutto dalla forza espressiva dell’artista. Ogni parte del corpo, dalle mani al collo, per arrivare allo sguardo, deve comunicare energia, emozione e vitalità.
Osservando una coreografia eseguita secondo le tecniche del “metodo Balanchine”, si ha quasi immediatamente una sensazione di leggerezza e di grande fluidità nel movimento, che si contrappone alla staticità tipica della danza tradizionale. I ballerini, infatti, seguono delle linee morbide e flessuose, che si svolgono quasi esclusivamente in senso orizzontale, abbondando nell’esecuzione dei plié.
Un’altra caratteristica interessante, a questo proposito, è anche la frequente alternanza di passi ora più ampi e lenti, ora più piccoli e brevi, quasi scattanti. Tutto questo, però, avviene sempre con un grande rispetto per la pulizia dei movimenti, che devono risultare simmetrici e compatti.
Sin dalla morte del coreografo, nel 1983, il “metodo Balanchine” si è diffuso con un’intensità sempre maggiore, arrivando a rappresentare una delle discipline di specializzazione più richieste dai ballerini professionisti, che scelgono di intraprenderne lo studio proprio per arricchire la propria formazione artistica.