In ogni compilation dedicata alla musica degli anni Ottanta non può mancare almeno uno dei grandi successi di Prince, come l’energica “Kiss” o la struggente “Purple Rain” così amata dai più nostalgici. La vena artistica del cantante di Minneapolis è riuscita a popolare il firmamento della storia della musica di vere perle, portandolo a essere inserito dalla rivista Rolling Stones al 27° posto nella classifica dei 100 migliori artisti di sempre, stilata nel 2004. Oltre ad essere stato un celebre cantante, Prince ha dato più volte prova della sua abilità come polistrumentista, ballerino, perfomer, compositore ma anche come sceneggiatore, attore e regista.
Per comprendere meglio tutte le sfaccettature dello sfavillante principe nero, però, bisogna conoscere la sua storia.
Prince Rogers Nelson nasce il 7 giugno del 1958 a Minneapolis, nel Minnesota. Dei primi anni della sua vita si conosce davvero poco, per volontà dello stesso cantante, che ancora oggi continua a non far trapelare i primi dettagli personali, con un abile gioco di bugie ed omissioni. Per lungo tempo, infatti, ha addirittura lasciato credere a tutti i suoi fan di avere origini italiane, cosa in realtà non vera.
Le prime notizie certe risalgono invece agli anni del liceo, quando il giovane Rogers si fa già notare per il suo aspetto volutamente stravagante, probabilmente per compensare un’eccessiva timidezza. Con la sua statura piuttosto bassa, i capelli afro, i pantaloni a zampa e gli zatteroni, percorre insieme al fratello Duane i corridoi della Central High School di Minneapolis, interagendo il meno possibile con gli altri studenti.
Secondo i racconti dei compagni di scuola, nel 1973, al momento del pranzo nella mensa comune, finalmente il giovane Rogers esce dal guscio, lasciandosi coinvolgere da un gruppo di coetanei in un’esibizione musicale carica di energia e vitalità, che lascia tutti a bocca aperta.
Da quel momento in poi, la vita del ragazzino timido compie una brusca svolta, trasformandolo in un teen-ager popolare, intrigante e molto desiderato dalle ragazze della scuola. Ma non è tutto. L’esibizione scolastica, infatti, ha lasciato il segno nel giovane Rogers, che decide così di mettere su una band, chiamandola “Champagne”, in cui Prince, oltre a cantare, suona il pianoforte. I brani eseguiti sono perlopiù cover degli Ohio Players, ma non mancano ad arrivare anche dei primi pezzi scritti proprio dal talento in erba.
Nel 1976 il gruppo verrà notato dal presunto impresario Chris Moon, proprietario di uno studio di registrazione, che rimane affascinato dal talento del pianista degli Champagne, e decide così di convocarlo. L’incontro è esilarante. Il giovane Rogers comincia a suonare il pianoforte davanti a Moon, proponendosi anche per incidere da solo tutte le parti dei brani, dal piano alla chitarra, fino a basso, batteria e, naturalmente, voce.
Rogers e Moon partono così verso New York, nel tentativo di firmare un contratto con una vera e propria casa discografica. In realtà la collaborazione si rivela infruttuosa, per cui Moon torna alle sue occupazioni a Minneapolis, mentre il giovane Rogers non demorde. La ricerca solitaria non tarda a mostrare i suoi frutti, quando il ragazzo incontra il produttore Owen Husney, che non esita neppure un istante ad accogliere a braccia aperte l’ipotesi del successo assicurato.
In una prima raccolta di demo, che ha tutto il sapore di un vero e proprio album, Husney consiglia al ragazzo di utilizzare una copertina con sfondo nero ed un’immagine piuttosto inquietante dell’artista, con il nome “Prince”, più adatto rispetto a Rogers.
Le case discografiche non tardano a farsi sentire. Tra queste, viene presa in considerazione soprattutto una delle più grandi major di sempre, la Warner Bros, che accetta immediatamente di pubblicare nel 1978 l’album di esordio, “For You”, interamente scritto, suonato e cantato dallo stesso Prince. Il disco, così come il suo seguito, “Prince”, del 1979, rappresenta sicuramente una fonte di stupore per la bravura di un artista polistrumentista poco più che ventenne, ma non decolla, probabilmente per via dell’incerta direzione musicale e per la pomposità degli arrangiamenti.
Se gli album sorprendono, ma non convincono, la stessa cosa si verifica per il primo live. Il giovane Prince è ancora troppo giovane ed immaturo per calcare le scene di un grande teatro, per cui si presenta sul palco del Capri Theater insieme ad una band di strumentisti messi su da zero, con il suo solito paio di jeans a zampa ed un’aria impacciata, tutt’altro che in linea con le atmosfere delle sue canzoni.
In seguito al fiasco della serata, circa un mese più tardi, Prince decide di liberarsi definitivamente delle etichette del passato, presentandosi in scena semplicemente con un paio di slip zebrati e delle trasgressive calze autoreggenti da donna. Anche in questo caso, l’approvazione non è totale, ma sicuramente l’esibizione apre la strada per il futuro artistico del giovane Prince, alle soglie degli anni Ottanta.
La situazione generale in tutto il mondo è decisamente particolare. Il senso di libertà tipico degli anni Settanta lascia spazio a un’atmosfera di depressione, solitudine ed aridità che caratterizzerà la new-wave, imperante in questi anni, con i suoni scarni e cupi di gruppi come Joy Division e The Cure. In questo contento si colloca anche Prince, che converte la sua musica alle stesse tematiche, con particolare predilezione per i temi sociali, razziali e sulla libertà sessuale.
È così che nasce “Dirty Mind”, la terza fatica dell’artista, improntata, come suggerisce il titolo, all’esaltazione ed alla descrizione della perversione, del vizio e della sfrenatezza dei costumi, tipica del periodo. Le atmosfere disco e funky degli esordi lasciano spazio a suoni più secchi, dal timbro piuttosto cupo, imparentandosi con il punk, la new-wave ed il dark imperante.
L’anno successivo, nel 1981, è il momento del più moderato “Controversy”, nome che, non a caso, vuole simboleggiare proprio il percorso artistico controverso di Prince. Tuttavia, se per l’artista si tratta di un motivo di vanto, per il pubblico la direzione incerta dell’artista non convince, e lascia invece piuttosto perplessi. La conferma arriva quando Prince si esibisce prima del concerto dei più celebri Rolling Stones, al Los Angeles Colliseum. Prince viene deriso e colpito dai più svariati oggetti, tra cui un pollo fritto in pieno viso.
Il concerto viene interrotto e l’artista vola verso casa. Tuttavia, se il live non è riuscito a conquistare il pubblico, l’album riscuote un inaspettato successo, guadagnando in poco tempo il disco di platino.
L’anno successivo è la volta di “1999”, il disco decisivo che avvia una volta per tutte la carriera di Prince. Il doppio album piace, convince, ma soprattutto vende, portando l’artista a guadagnarsi finalmente un ruolo di spicco nel panorama musicale degli anni Ottanta, accanto ad artisti del calibro di Frank Zappa e David Byrne, leader dei Talking Heads.
L’ascesa di Prince esplode definitivamente nel 1984, con l’incredibile successo di “Purple Rain”. L’album e l’omonimo singolo salgono ai primi posti in classifica, tanto che l’artista decide di trarne un rock movie, per il quale vincerà l’Oscar come migliore colonna sonora ed un Golden Globe. Le ballate sono numerose, ma non tolgono spazio a quel pizzico di pop e di trasgressione che caratterizzano la carriera musicale di Prince.
È proprio a causa di alcuni versi del celebre brano “Darling Nikki”, ritenuti troppo spinti per un pubblico eterogeneo come quello di Prince, che venne istituito il logo “Parental Advisory – Explicit Lyrics”, che viene ancora oggi impresso sulle copertine degli album dai contenuti troppo espliciti per i minori.
“Around the World in a Day”, disco del 1985, torna a scontentare ancora una volta la critica. I brani sono ben lontani dalle atmosfere di “Purple Rain”, alternandosi troppo spesso con i ritmi psichedelici degli anni ’70 e ripetuti omaggi alla musica dei Beatles.
Tuttavia, Prince torna al successo con l’album “Parade”, ed in particolare con il celebre brano “Kiss”, ancora oggi attualissimo nelle radio di tutto il mondo. Il ritmo è sexy, divertente ed intrigante, e mira senza dubbio a convincere gli appassionati delle sonorità black, con i suoi richiami funky, blues e r&b.
Nello stesso periodo esce al cinema “Under The Cherry Moon”, interpretato da Prince, che tuttavia non convince il pubblico, seguito dall’album “Sign o’ the Times”.
Nel 1987, a poche settimane dalla pubblicazione dell’ultima fatica discografica, quello che sarebbe dovuto uscire con il nome di “Black Album”, viene distrutto e bloccato dallo stesso Prince, per motivi ancora sconosciuti. Alcuni brani, tuttavia, riusciranno ad essere trafugati, portando l’intero album ad essere pubblicato diversi anni dopo.
In seguito al disco “Lovesexy”, Prince avvia un tour mondiale, che riuscirà a riscuotere un enorme successo solo in Europa, mentre lascerà mezze vuote le arene americane.
La fine degli anni ’80 sarà segnata dalla collaborazione dell’artista con il visionario regista Tim Burton, per la colonna sonora del film “Batman”. Il risultato, però, non è quello sperato e lascia tutti abbastanza perplessi, nonostante il discreto numero di copie vendute. In ogni caso, la pellicola consentirà a Prince di vivere una delle più importanti storie d’amore della sua vita, quella con l’attrice Kim Basinger.
L’artista decide quindi di collaborare con Madonna, suonando in alcuni brani del suo album “Like a Prayer”, tra cui la celebre “Love Song”, probabilmente per via di una precedente relazione che avevano avuto qualche anno prima.
I tour successivi costano davvero troppo all’artista, letteralmente parlando. Non ci sono “sold out”, ma la messa in scena è fin troppo spettacolare e dispendiosa. Nel 1990 esce anche un nuovo film, “Graffiti Bridge”, che si rivela una tale delusione da non essere neppure programmato in Italia.
In seguito agli ultimi flop, Prince lascia la Warner Bros, con la quale però intraprende una costosa battaglia legale per riappropriarsi del nome d’arte e dei master dei suoi brani, che tuttavia rimangono di proprietà della major discografica.
L’artista muta quindi il proprio nome in The Artist Formerly Known as Prince (TAFKAP), cercando di collaborare con diverse personalità femminili del mondo dello spettacolo, come l’ex coniglietta di Playboy Carmen Electra, nel ruolo di rapper, e l’attrice Kirstie Alley.
Dopo alcuni album di scarso successo, decide di firmare un contratto con la EMI, concentrandosi soprattutto su brani ispirati quasi esclusivamente al rapporto con sua moglie Mayte Garcia e con il figlio, nato gravemente malato e morto pochi giorni dopo, a cui dedicherà la straziante bonus track “Wasted Kiss”.
Per tutta la fine degli anni ’90, fino ad oggi, la vena artistica di Prince ha continuato incessantemente a sfornare numerose fatiche discografiche, tuttavia senza mai rappresentare una vera e propria svolta. Tra pochi alti e numerosi bassi, ha lentamente scritto la propria strada verso il declino, continuando con ostinazione a scrivere, pubblicare e collaborare con pochi successi.
In ogni caso, non si può negare che la carriera di Prince abbia segnato un punto di svolta nella storia della musica, portando il folletto del pop anni ’80 ad essere incoronato come uno dei più grandi artisti pop di sempre.