Tra le personalità più importanti della danza russa c’è Anna Pavlova, una straordinaria danzatrice che ha portato e diffuso la cultura balletto per il mondo, danzando sino ai cinquanta anni. La ballerina russa è ancora oggi il simbolo della danza romantica, della sua malinconia e grazia, della capacità di trasfigurare il mondo delle emozioni in arte del movimento.
Nata a San Pietroburgo nel febbraio del 1881, da un’umile famiglia di contadini, Anna Pavlova scopre il balletto a otto anni, quando assiste a una rappresentazione de La Bella addormentata. Qui, ancora bambina, la piccola Anna comprende nel profondo del suo animo di voler diventare una ballerina. Una scoperta casuale come quella derivata da una semplice visione di uno spettacolo cambia dunque il corso della sua vita. Così a soli dieci anni la troviamo alla Scuola dei Balletti Imperiali, in cui studia costantemente sino al raggiungimento del diploma ottenuto a diciotto anni.
Entra immediatamente a far parte della compagnia, diventa seconda solista nel 1902, prima solista l’anno successivo, diventando in seguito prima ballerina dopo l’interpretazione del Lago dei cigni nel 1906. La troviamo quindi a danzare ne La Fille Mal Gardée, uno dei balletti più antichi della storia della danza classica, al Teatro Mariinskij. Uno dei suoi maestri è Enrico Cecchetti, maestro, ballerino e coreografo italiano, il cui metodo è molto conosciuto soprattutto in ambito anglosassone. Anna lavora per Serege Diaghilev, organizzatore e direttore dei Balletti russi, prima di fondare una compagnia vera e propria, con cui girare il mondo.
Questa straordinaria artista ha avuto un ruolo importante nella storia del balletto. Se nell’Ottocento le ballerine sono donne caratterizzate da una corporatura piuttosto muscolosa e forte, la Pavlova, così minuta e delicata, si presenta fisionomicamente distante da quei modelli, ma ricca di grazia e rara eleganza. Il suo piede è piuttosto minuto e delicato, ragion per cui rinforza le sue scarpe da punta con l’aggiunta di un pezzo di cuoio sulla suola dando così anche il suo contributo allo sviluppo della scarpetta da punta moderna.
Questa ballerina è conosciuta soprattutto per delle esibizioni famose come quella de La morte del cigno. La versione coreografata da Michel Fokine è una delle rappresentazioni più interpretate dalla ballerina durante la sua carriera, un’interpretazione artistica a cui resta sempre fedele.
La sua favola termina però in Olanda, dove la Pavlova muore a causa di una pleurite nel gennaio del 1931. Il treno è fermo nella neve, e Anna scende non coprendosi completamente, così il freddo intenso e pungente le provoca un malanno che degenera nelle settimane successive. La straordinaria ballerina resta fedele alla danza sino alla morte, la danza è sua compagna, e non è un caso se in fin di vita, richiede espressamente di poter tenere in mano il suo costume utilizzato per La morte del Cigno. Il giorno successivo alla sua scomparsa, lo spettacolo va in scena con un faro segui persona che si muove su un palco vuoto, illuminando quegli spazi che la ballerina avrebbe dovuto riempire con la sua presenza leggiadra.
Oggi esistono dei frammenti di filmati dedicati a questa artista, che ne fissano per sempre come testimonianza la danza. Molte di queste sequenze sono state inglobate in un film del 1956 chiamato The Immortal Swan (Il cigno immortale).