Il suono inconfondibile del tango, il suo andamento costante ed inarrestibie ma, contemporanemente, dolcemente abbandonato e quasi rassegnato, lasciano una forte impronta in chi ascolta la sua musica o, ancora di piú, in chi la balla.
La sua origine é, come molte altre musiche delle regioni americane un tempo colonizzate dagli europei, da ricercarsi in una fusione fra due patrimoni musicali molto diversi fra loro. Da una parte, infatti, esisteva la tradizione popolare europea che i coloni traevano con se dal vecchio continente; dall’altra, invece, c’era l’inesauribile bagaglio di musiche, canti, riti e tradizioni degli schiavi africani che i coloni trasportavano a migliaia attraverso l’oceano.
L’incontro fra queste due civiltá, dai connotati certamente drammatici, ha dato origine tuttavia ad alcune delle piú belle forme musicali attualmente conosciute. Basta pensare alla musica afrocubana, cioé alla salsa, alla samba brasiliana o, naturalmente al tango argentino.
Per il tango, inoltre, si deve considerare anche la fondamentale componente della musica italiana, trasportata oltreoceano dalle migliaia di migranti italiani che nel secolo scorso sceglievano di viaggiare alla ricerca di condizioni economiche migliori di quelle in madrepatria.
Il luogo di incubazione di quello che sarebbe poi divenuto il tango é naturalmente la regione del Rio de la Plata, uno dei principali porti di arrivo degli schiavi in Sud America nel XVIII secolo. Era anche una delle regioni piú dinamiche, attorno a cui si concentrarono le principali comunitá di migranti al principio del XX secolo: Buenos Aires, Rosario e Montevideo.
Gli schiavi africani, come altrove, trovarono nella musica uno dei pochi mezzi di affermazione della propria identitá, dopo essere stati estirpati dalle proprie terre con la forza ed aver perso tutto ció che per essi contava. Nonostante gli incontri musicali fossero severamente proibiti dalle autoritá spagnole, che temevano la possibilitá che dli schiavi prendessero coscienza della propria misera condizione e cercassero di organizzare una rivolta, i neri riuscirono col passare degli anni a costruire una propria identitá culturale e la musica giocó un ruolo determinante, come sempre era stato nella loro madrepatria.
Le forme originarie del tango erano molto diverse da quello che oggi ascoltiamo. Anzi, assumevano un nome totalmente differente. Le principali radici vanno ricercate infatti nel candombe e nella successiva milonga, sviluppatasi durante la metá dell’Ottocento, sempre in ambienti popolari, che ancora oggi accompagna il tango in molte occasioni.
Come si é detto, peró, solo con l’arrivo degli emigranti europei queste musiche poterono evolvere, al principio del XX secolo, nel tango moderno, che si é poi diffuso a livello mondiale nei decenni passati. L’apporto culturale di italiani, spagnoli e tedeschi alle strutture musicali che si erano create in Argentina grazie alla comunitá nera e meticcia fu fondamentale.
Basti pensare che lo strumento principale del tango, il bandoneon, che oggi appare inevitabilmente connesso con la sua dolce malinconia, ebbe origine proprio in Germania e fu trasportato dai migranti italiani intorno agli anni ’10 del secolo scorso.
Anche la canzone italiana ebbe un ruolo in questo incredibile incrocio di culture: serví a “normalizzare” le ritmiche e dare un andamento piú regolare alla musica, creando quell’incedere unico che caratterizza il tango moderno.
Oggi il tango é nuovamente in evoluzione e probabilmente, come tutte le grandi culture musicali, non smetterá mai di esserlo. Si parla infatti di Nuevo tango e non mancano esempi di innovazione anche in anni recentissimi: il ballerino Pablo Verón é un esempio di come si possa rinnovare la tradizione mantenendo una forte connessione con il passato.