Per capire in profonditá le origini e le ragioni di quella stupefacente forma di spiritualitá che é incarnata dai movimenti dei famosi dervisci danzanti – o dervisci roteanti – é fondamentale capire il quadro culturale in cui si inserisce: il sufismo turco.
Il termine ha origine dall’arabo “tasāwwuf” ed é usato, in generale, per riferirsi alle componenti esoteriche dell’Islam, cioé a quelle componenti riservate solo ad un gruppo di iniziati. Esattamente come per il cristianesimo, in cui esistono ordini di frati e suore, anche l’Islam produsse col passare del tempo una serie di confraternite, fra cui alcune che inziarono ad implementare la danza fra le pratiche utili a distaccarsi dalle passioni, dai beni e dalle lusinghe del mondo.
Il gruppo piú importante di queste confraternite fu sicuramente quello dei dervisci ed in particolare la confraternita turca Mevleviyè, la cui storia é molto antica. La sua origine si ha attorno al XIII secolo grazie al suo fondatore, l`afgano Jalai-al-din Rumi, detto Mevlana (maestro), da cui il nome dell’ordine. A differenza di altre confraternite, Mevlana organizzò un ordine in cui la danza, chiamata in arabo “Sama”, giocava un ruolo attivo nell’invocazione divina e diventava parte di un complesso insieme di rituali da compiersi per ottenere la liberazione dalla materialitá e legarsi alla divinitá.
I dervisci danzanti che oggi è possibile ammirare soprattutto in Turchia – ma esistono anche in altri Stati, come Siria e Iran – sono gli eredi di questo passato, cioè di secoli di ricerca spirituale. Ció è importante nel momento in cui si assiste ad una danza: quello che si sta osservando è da interpretare non come uno spettacolo, ma come un rito sacro che è possibile compiere solo se si viene inziati ad un vasto corpo di insegnamenti che sono alla base del sufismo.
Il turista che si trovi ad Istambul, ad esempio, che è una delle cittá più ricche di confraternite sufiche, deve ricordarsi di questo aspetto. Attualmente esistono infatti molte rappresentazioni di Sama che vengono eseguite esclusivamente per turisti e che, in realtà, si distanziano molto dai veri e propri rituali sufici. Questi ultimi, invece, sono piú difficili da individuare e spesso, per un visitatore inconsapevole, possono apparire anche tediosi, perchè la danza non è che un momento di una cerimonia che puó durare anche diverse ore.
Ma in cosa consiste concretamente la Sama?
Questa danza, che dal 2009 è patrimonio culturale immateriale dell’umanitá per l’UNESCO, consiste nel girare su sè stessi, attorno all’unico asse della spina dorsale, con una rotazione inizialmente lenta e poi via via piú rapida. Ogni dettaglio della danza e delle vesti è carico di un preciso significato simbolico.
I dervisci si preparano innanzitutto spostandosi lentamente attraverso lo spazio destinato ad ospitare la danza, compiendo tre giri della sala: ció rappresenta le anime erranti senza grazia divina, alla periferia dell’esistenza. Al terzo giro, il maestro di danze, detto pir, prende posto ed iniziano una serie di canti di preghiera, al termine dei quali i dervisci, con un gesto solenne, lasciano cadere la lunga sopraveste nera, simbolo dell’illusione, e rivelano un candido abito bianco. A questo punto i dervisci, a braccia incrociate sul petto, cominciano lentamente a girare su sè stessi, per poi aprire lentamente le baccia: la mano destra rivolta verso il cielo, a ricevere la grazia divina, e la sinistra rivolta verso terra, per trasmetterla agli uomini: questo è il grande ruolo delle pratiche sufiche.
Alla rotazione su sè stessi i dervisci associano la piú lenta rotazione attorno alla sala. Anche qui il significato simbolico è prezioso. Tutto, infatti, è concepito come rotante attorno ad un centro: l’uomo gravita attorno al proprio cuore, i pianeti attorno al sole.
Attraverso la Sama i danzatori entrano lentamente in estasi e si ricongiungono al proprio centro, dove si trova la veritá suprema, cioè l’amore spirituale.