Enrico Checchetti è stato probabilmente il più importante coreografo e maestro di danze italiano. La sua carriera, nonostante le contrarietà del padre, era segnata sin dal principio della sua vita: nacque infatti in un camerino del Teatro Apollo, a Roma, nel 1850. D’altronde, l’intera famiglia era orientata verso la danza e sarebbe stato difficle immaginare un futuro diverso per il giovane Enrico considerando che non solo i genitori ma persino gli zii erano ballerini.
Il debutto princpale avvenne nel 1870 al Teatro Nazionale di Torino, nonostante naturalmente avesse avuto esperienze come danzatore sin dall’età di cinque.
Fu però in questo periodo che iniziò a stupire il pubblico con le sue sorprendenti agilitá fisiche ed i vistuosismi che lo avrebbero sempre accompagnato.
Nel 1887 Cecchetti debuttò in Russia, a San Pietrburgo, dove fu notato dal direttore del Teatro Mariinsky, Ivan Vsevolozhsky. L’impressione suscitata dal giovane italiano fu tale che decise di ingaggiarlo immediatamente come ballerino principale per il proprio teatro. La rarità, se non l’unicità di questo fatto, fa riflettere sulla qualità del lavoro di Cecchetti.
Nel XIX secolo il balletto era fondamentalmente orientato verso il ruolo femminile, soprattutto a causa dell’introduzzione delle scarpette da punta. Il ruolo del danzatore era stato portato, quindi, a supportare le prodezze della ballerina, perdendo molte caratteristiche tecniche. La determinazione con cui Cecchetti decise di trasformare questa realtà fu notevole.
Il tradizionale e conservativo ruolo machile nel balletto venne fortemente riconsiderato all’interno dell’immaginario del danzatore italiano: nel “Uccellino Azzurro“, alla prima rappresentazione de La bella addormentata di Petipa nel 1890 sbalordì il pubblico grazie alle sue straordinarie qualità tecniche.
L’altro grande ambito di lavoro di Checchetti fu certamente l’insegnamento. Insegnò infatti alla Scuola Imperiale di San Pietroburgo dal 1887 al 1902, quando accettò la direzione della Scuola di Balletto di Varsavia, in Polonia.
Ritornò nella città russa nel 1905 per fondare l’Accademia Cecchetti, il cui lustro risuona ancora oggi nelle tradizioni della danza accademica: famosi sono gli insegnamenti che impartì esclusivamente ad Anna Pavlova fino al 1909, quando sotto le pressioni di altri danzatori decise di acquisire altri studenti.
Quando, nel 1910, Diaghilev volle i suoi studenti per i Balletti Russi – gli stessi che Nijinsky abbandonò nel 1913 – essi non erano disposti in nessun modo ad abbandonare le lezioni quotidiane del maestro italiano. L’unica soluzione per il famoso impresario fu quindi assumere sia Cecchetti, con il ruolo di mimo e maestro di danze, sia i suoi allievi. I ruoli di mimo dei balletti russi vennero creati esclusivamente per la sua figura.
Nel 1925 venne chiamato da Toscanini alla direzione del Teatro alla Scala, invitò che fu accolto con gioia dal vecchio maestro. Tuttavia pochi anni dopo, nel 1928, perse improvvisamente conoscenza a causa di un probabile collasso cardiaco mentre teneva la solita lezione mattutina. Morì il giorno seguente.
Il ruolo di Cecchetti per la danza non può in nessun modo essere sottovalutato. Durante il periodo dei Balletti Russi, in particolare, si rivelò essere l’anello di giunzione fra il passato ed il presente, contribuendo a rinnovare il balletto classico senza che si perdessero le qualità tecniche.