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Dalla Francia A Genova – I Cantautori Genovesi

Negli stessi anni in cui cominciava a diffondersi la musica commerciale di massa (la cosiddetta pop music) simboleggiata in Italia dal festival di Sanremo, nascevano anche altre forme di canzone; tra queste una di difficile catalogazione, tanto che è stata definita dai critici musicali come “cantautorialità genovese” o “scuola genovese dei cantautori”.

Nonostante l’importanza che questa scuola di canto e musica ha rivestito per la storia recente della musica italiana (e non solo), i cantautori genovesi continuano a rimanere nella nicchia dell’ascolto elitario di esperti di musica e appassionati, spesso ignorati o conosciuti solo superficialmente dai più.

I fondatori, allora inconsapevoli (è bene ricordare che la definizione di “scuola genovese” è stata attribuita a posteriori), della “cantautorialità genovese” sono stati: Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè, Paolo Conte. A loro si possono aggiungere, come “seguaci” o come coevi ma di altra provenienza geografica, Dalida, Francesco De Gregori, Ivano Fossati.

Barca a Genova
Il Canto e Genova

I critici musicali hanno individuato nelle composizioni musicali di questi artisti alcuni elementi comuni (seppure con delle precise caratterizzazioni individuali): la sperimentazione vocale e musicale; la volontà di inserire un messaggio sociale all’interno delle parole, delle note, della grana della voce, e dunque l’intenzione di unire sperimentazione e chiarezza, semplicità; l’ispirazione ai cantautori “impegnati” francesi come Jacques Breil, Leò Ferrè, Georges Brassens; l’ispirazione al movimento della beat generation americana (Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Lawrence Ferlinghetti, Gregory Corso, etc…) riprodotto dalla musica di Bob Dylan (che Ginsberg aveva definito il fondatore della beat generation) e rappresentato (e presentato) in Italia da Fernanda Pivano.

Alcune canzoni sono il prodotto di un processo poetico autonomo, altre sono traduzioni (interpretate) di canzoni preesistenti (soprattutto dei cantautori francesi e di Bob Dylan), ma in tutte è presente l’attenzione alla società: una società intesa come gruppo di persone reali, specifiche, essenzialmente umane. “Se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo” canta Fabrizio De Andrè ne La città vecchia.

Dalle loro canzoni trasuda un amore ecumenico per queste umanità, così come emergono dei garbati suggerimenti di riscossa, di solidarietà, di affetto, presi a prestito dalla letteratura dell’anarchia individualista russa (Tolstoj, Dostojevski) ma anche italiana (Pavese) o di altri intellettuali che hanno rifiutato un inquadramento politico specifico (Pasolini, i poeti beat).

A questi cantautori va il merito di aver avviato un processo nuovo, sui generis, all’interno della musica italiana e di essersi resi continuatori della tradizione éngagè della musica francese che altrimenti rischiava di andare perduta.

In articoli successivi ci soffermeremo su alcuni esempi emblematici di loro album o canzoni.

Di seguito indichiamo i link ad alcune loro canzoni:
Fabrizio De Andrè Fiume Sand Creek:

Luigi Tenco Io sono uno:

Jacques Breil Quand on n’a que l’amour:

Dalla Francia A Genova – I Cantautori Genovesi Aggiornato: 2022-11-22T16:42:21+01:00 da luca

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