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Il tango canta in lunfardo

Vi siete mai chiesti quali sono quelle caratteristiche inconfondibili che rendono il tango una danza così speciale? Sicuramente, non possiamo trascurare l’importanza del talento dei ballerini professionisti, le movenze passionali, i passi di danza improvvisati, ma gran parte dell’emozione deriva proprio dalla natura intrinseca di questa musica. Il tango, infatti, canta in lunfardo, una lingua unica nel suo genere, che dà voce a molte canzoni del ballo tipico dell’Argentina.

Con il termine “lunfardo” ci riferiamo in particolare a un modo di parlare con un’identità precisa, tipico delle città di Buenos Aires, in Argentina, e Montevideo, in Uruguay. Nello specifico, viene definito come un “argot” e non come un semplice dialetto. L’accezione del termine è piuttosto simile a quella dei vari “slang” europei, intesi come una serie di variazioni della lingua nazionale, che si pongono come obiettivo quello di rafforzare l’appartenenza ad uno stesso gruppo di persone, per rendere meno comprensibile agli “esterni” quello che viene detto.

L’origine del lunfardo, infatti, deriverebbe proprio dalle antiche carceri sudamericane, nelle quali i prigionieri misero a punto un particolare modo di parlare, per evitare di farsi comprendere dalle guardie. Con un certo ingegno, i carcerati studiarono un nuovo linguaggio, basato essenzialmente su due caratteristiche: i “vesre” e le abbreviazioni.

I “vesre” non sono altro che delle inversioni di sillabe, proprio come facevamo da bambini per gioco con l’alfabeto farfallino. Non a caso, il termine “vesre” deriva appunto dal rimaneggiamento della parola “revés”, che in spagnolo vuol dire “contario”. Ogni concetto, quindi, può subire un’inversione delle sillabe, in una sorta di anagramma che trasforma il suono delle parole, senza alternarne il significato.

In alternativa, sono previste anche delle abbreviazioni. L’esempio classico è dato dalla parola “pantalòn”, che subisce al tempo stesso sia un’inversione che un’abbreviazione, trasformandosi nel termina “lompa”.

In realtà, secondo gli storici, il lunfardo avrebbe origini differenti, legate piuttosto al fenomeno dell’immigrazione da parte degli italiani che si spostarono nei Paesi sudamericani a metà dell’Ottocento. L’unica lingua che erano in grado di parlare a Buenos Aires era il dialetto tipico dei propri luoghi d’origine, in alcuni casi anche l’italiano. Ecco quindi che il dialetto lombardo, napoletano, genovese e piemontese si fusero con la lingua locale e quelle europee, dando origine ad una mescolanza di modi di parlare decisamente originale.

In origine, il risultato prese il nome di “cocoliche”, costituito prevalentemente da suoni italo-spagnoli. Successivamente, con l’aggiunta di altri termini derivanti dall’inglese, dal francese, dal portoghese, ma anche dall’arabo e dal greco, si giunse al lunfardo. Una conferma di questa teoria arriva proprio dalla parola “lunfardo”, che presenta una certa somiglianza con “lombardo”, sottolineando l’influenza dei dialetti italiani nella sua formazione.

Entrambi gli “argot” hanno in comune due aspetti, ossia la loro origine ed il loro utilizzo esclusivo da parte degli immigrati che si riversavano costantemente a Buenos Aires. In questo modo, popoli di culture e lingue diverse, potevano riuscire a trovare un modo di parlare comune, in grado di favorire una comprensione più o meno accettabile.

Tornando al discorso del tango argentino, cerchiamo di capire come si è arrivati all’utilizzo del lunfardo nelle canzoni tipiche di questo ballo.

La prima caratteristica che accomuna il lunfardo al tango è sicuramente la sua accezione particolarmente musicale. Nonostante si tratti di una mescolanza piuttosto ingarbugliata di vocaboli, il lunfardo è riuscito a mantenere una certa accezione gradevole nei suoni, che lo rendono ideale per accompagnare le note musicali.

Molti poeti, come Julio Cortazar, Jorge Luis Borges, Carlos de la Pua e Mario Benedetti, cominciarono ad utilizzarlo persino nelle loro opere, elevandolo da “slang” dei bassifondi a lingua dignitosa e addirittura elevata, particolarmente efficace per descrivere la vita dei ceti medi e bassi di Buenos Aires.

Nell’ambito musicale, invece, sicuramente un posto di rilievo è assunto dal celebre Carlos Gardel, la voce del tango per antonomasia.

Il lunfardo è riuscito a resistere saldamente nel corso degli anni, modellandosi ed adattandosi all’evoluzione sociale dei popoli di Buenos Aires, senza mai perdere le caratteristiche originarie che l’hanno reso così unico ed inossidabile.

tango argentino

Il tango canta in lunfardo Aggiornato: 2022-11-22T18:27:39+01:00 da luca

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