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Sei davvero funky?


To be or not to be funky? Essere o non essere funky? Più che un dilemma musicale, essere funky è contemporaneamente una questione di attitudine, un atteggiamento mentale e uno stile di vita. Quante volte hai sentito parlare di musica o danza funk? E quanto ti senti funky?

funky

Partiamo dall’etimologia del termine. La parola funk nasce negli Stati Uniti nel corso degli anni cinquanta. Entra a far parte del linguaggio musicale, nell’ambito delle sperimentazioni jazz, dove il funk rappresenta uno stile esecutivo dei brani, una modalità di interpretare la musica in maniera più diretta e senza troppi virtuosismi, con un ritmo dinamico e movimentato. A chi si deve l’origine di questa parola? Nello slang delle comunità afroamericane degli Stati Uniti, funk ha diverse accezioni. Può equivalere a “cattivo odore” o “sporco”, ma può essere utilizzato anche in riferimento a qualcosa di particolarmente diretto, immediato, sfacciato e disinibito. Si tratta di differenti significati racchiusi all’interno di un solo termine. A pensarci bene, tali caratteristiche rientrano in qualche modo nella categoria di quello stile musicale chiamato funk.

Sai chi è considerato il creatore del funky? È il celebre musicista James Brown a essere considerato il padre del funk. Album come I Got You del 1966 e Sex Machine del 1970 sono noti a tutti per la presenza di brani orecchiabili, diretti e in grado di far ballare anche i soggetti meno inclini alla danza. Avremo ascoltato sicuramente questi brani vivaci, le cui linee melodiche sono in grado di restarci in mente per giorni e giorni. Per James Brown il funk è qualcosa di primitivo e di sensuale al tempo stesso. Non a caso il musicista collega il termine all’atto sessuale e alla sua energia. Moltissimi testi relativi ai brani composti e suonati in questi anni contengono tracce di denuncia sociale, di polemica, e sono l’espressione culturale delle comunità afroamericane degli Stati Uniti. La musica del resto è sempre espressione della vita di un popolo, dei suoi aspetti sociali e del sentire individuale, manifestazione del proprio punto di vista sulle cose che accadono nel mondo. Non a caso sono i ghetti di Chicago e di Detroit i centri urbani in cui si evolve questa tipologia musicale, accanto a Miami dove si sviluppa un funky che possiamo definire “tropicale”. Qui opera la K.C. & The Sunshine Band, una formazione composta da sei percussionisti e tre trombe. Proprio la presenza delle percussioni conferisce al funk un carattere più latino e poliritmico.

E il termine quando entra ufficialmente a far parte del linguaggio musicale? Siamo nel campo del rock, alla fine degli anni sessanta, quando in un brano di Dyke and the Blazers troviamo l’espressione Funky Broadway. È George Clinton che con le sue formazioni Parliament e Funkadelic fa diventare il funk un genere di grande impatto con linee melodiche incalzanti e una forte componente ritmica, assoli, chitarre taglienti e parti di basso molto marcate.

E invece, nel campo della danza come si evolve il funk?
Esistono diversi modi per indicare degli stili di danza realizzati su musica funk. Questi sono “funk dance”, ovvero danze funk, o “funk styles”, stili funk. La musica è accompagnata quasi sempre da una relativa espressione corporea e ritmica e anche per il funk esiste una tipologia di danza in grado di esprimere sul piano del movimento la natura dinamica di questa musica. I termini stili funk o danze funk si riferiscono a una serie di sperimentazioni nate in California negli anni settanta. Molti aspetti di queste danze di strada confluiscono nella musica hip hop.

Sei davvero funky?
 Aggiornato: 2014-12-01T04:37:41+01:00 da luca

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