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La danza macabra fra immagini e realtà

Il Medioevo, negli anni compresi fra il 700 e il 1100 d.C, riveste, per la danza, un ruolo storico importantissimo di connessione fra le antiche tradizioni classiche, ormai definite pagane, e le nuove imposizioni culturali ecclesiastiche.

Danza macabra
Bernt Notke, Danza macabra, Chiesa di San Nicolò, Tallinn.

Un periodo, dunque, di passaggio e di trasformazione profonda, in particolare per tutti i riti misterici tipici del periodo classico, che comprendevano e richiedevano un ruolo importante della danza.

La danza medioevale si può rappresentare come un elemento con varie ramificazioni, ciascuna diversa a seconda dello scopo o del contesto in cui veniva attuata. Parliamo non solo della danza di corte o delle danze popolari – cioè delle danze di intrattenimento – ma anche della danza di carattere letterario, delle cosiddette danze di isteria – il principio di quella che oggi, anche se ben diversa, chiamiamo tarantella – o di un insieme di danze sacre e religiose che traducevano i riti pagani nel contesto nuovo.

Tuttavia, uno degli elementi iconografici più affascinanti, ricorrenti ma anche oscuri di questo periodo è senza dubbio la cosiddetta danza macabra.

La si trova dipinta o intagliata, infatti, sui muri di chiese, castelli, cimiteri, o persino descritta in poemi e canzoni. Prende la forma di grottesche processioni in cui bianchi scheletri, che rappresentano la Morte, danzano abbracciati a personaggi d’ogni condizione: giovani ragazzi e ragazze, amanti, vecchi, uomini di potere o ecclesiasti. A volte, invece, la rappresentazione si riduce ad uno o più scheletri che danzano fra loro.

Tutte le etimologie sul termine “macabro” sono poco chiare: c’è chi lo riconduce all’arabo maqbar, “tomba”, o al nome del popolo dei Maccabei, in riferimento al martirio a cui furono sottoposti.

In ogni caso, nel contesto iconografico medievale, la danza macabra sembra essere innanzitutto un tema edificante e ironico sull’inevitabilità della Morte, un cosiddetto memento mori.

Nel contesto culturale del Medioevo, che aveva sperimentato il terrore della fine del mondo in diverse occasioni – come le diffuse epidemie di peste – la danza macabra costituisce una testimonianza evidente e preziosa dello status spirituale e morale in vigore. Nessuna epoca coltivò infatti l’immagine e il mito della Morte in maniera tanto marcata quanto fece il Medioevo.

In origine la danza macabra rappresentava esclusivamente individui maschili. Quando subentrarono rappresentazioni femminili, invece, comparve nel compendio moralizzante di quest’iconografia anche la caducità della bellezza e della sensualità. La Vita e la Morte danzano dunque assieme: la Morte è diventata un personaggio vivo e fa morire gli uomini.

Anche se molto dibattuta, l’iconografia della danza macabra sembra avere una corrispondenza nel mondo reale.

Si è spesso verificata la necessità, infatti, che uomini di chiesa, papi, vescovi e santi si volgessero con parole molto dure e con interdizioni contro l’uso di danzare nei cimiteri e nelle processioni funerarie pubbliche.

Si trattava di divieti che, molto spesso, non venivano presi in considerazione: uno dei fenomeni di questi erano le punizioni inflitte a quei fedeli rei di aver danzato su terra consacrata in occasione di un funerale.

Secondo altri, invece, la connessione con la chorea Macabærum, cioè la danza dei maccabei, è da tenere come riferimento per identificare l’origine di questa iconografia. È una cerimonia in cui i dignitari, intrecciando assieme un ballo in girotondo, si ritirano uno dopo l’altro dalla danza, a sottolineare che ognuno di noi è destinato a ritirarsi dalla danza della Vita che, quindi, si rivela essere anche una danza della Morte.

In seguito, per rendere più forte ed emotivo il significato di questo rituale, si sarebbe sviluppata quell’iconografia della danza macabra che frapponeva fra gli uomini la Morte stessa, con lo scopo di dirigere questa danza terrificante e fantastica.

La danza macabra fra immagini e realtà Aggiornato: 2015-07-25T16:08:37+02:00 da luca

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