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Danza – Marice Bèjart

MAURICE BÉJART LETTERE A UN GIOVANE DANZATORE

Nel mondo del Balletto e della Danza Classica, BÉJART rappresenta un esempio di talento e umiltà

Nel 2011 la casa editrice Lindau (Torino) ha pubblicato la prima tradizione italiana del piccolo libro di Maurice Béjart, Lettres à un jeune danseur, edito dalla francese Actes Sud nel 2001. La traduzione, di Irène Berruyer, risulta molto accurata, attenta a rendere la lettura della versione italiana fluida, coerente e piacevole.

danza classica 1 lettere a un giovane danzatore
Copertina di “Lettere a un giovane danzatore”

Per chi non lo conoscesse, Maurice Béjart è stato uno dei più importanti danzatori e coreografi della storia recente della danza e del balletto: uno degli emblemi della cosiddetta nouvelle danse (sulla quale torneremo nei prossimi articoli) così come della fallacità di coloro che considerano il balletto classico come una “danza morta” o una danza “da museo”.

È nostra convinzione che, proprio come non esistano lingue davvero “morte” (gli studenti e i filologi che traducono i classici greci e latini, e i lettori che ne beneficiano, sono un esempio di come le lingue possano manifestare molteplici forme di vitalità e usi), ancor di più non esistono “danze morte” o “museali”: nel caso in cui, guardando un balletto di repertorio, si abbia la percezione di trovarsi di fronte ad un rudere stantio, la responsabilità non è certo del balletto classico tout court, ma dell’ensemble dei professionisti che ne hanno curato ogni passaggio della messa in scena.

In questo libro, molto fruibile per l’esiguità delle pagine e per la semplicità (mai superficiale) del linguaggio utilizzato, è possibile rinvenire un concentrato travolgente della carica innovativa che Maurice Béjart ha riversato nella danza (a partire dal balletto classico).
Il libro è organizzato in sette capitoli, ovvero sette lettere rivolte ad un immaginario giovane danzatore (o giovane danzatrice): è possibile leggere ogni capitolo come una lettera a sé stante, ma appare chiaro il carattere consequenziale che lega ogni lettera alle sue precedenti.

È sorprendente come Béjart riesca, con poche parole, a tratteggiare ogni aspetto che caratterizza il percorso (e, a volte, le crisi) di ogni danzatore: le proprie condizioni personali, l’ispirazione, la relazione tra l’interprete e il coreografo, quali sono gli strumenti per danzare, cos’è un danzatore e cos’è la danza.
Ci soffermiamo in modo particolare su queste ultime due questioni, anche perché siamo convinti che il mondo della danza (così come del teatro e dello spettacolo) trarrebbe grande beneficio dall’attenta lettura delle riflessioni che Maurice Béjart ci ha lasciato come sintesi ultima della propria ricerca.

Cominciamo con la prima questione: cos’è un danzatore?
Scrive Béjart:

“L’arte è stata creata dagli artigiani; più tardi, ben più tardi, sono venuti gli artisti e quasi sempre hanno ucciso l’arte, o in ogni caso ne hanno deformato il senso profondo. Gli artigiani imparavano a poco a poco il mestiere presso un maestro e poi, mentre costruivano, dipingevano, scolpivano, cantavano, scrivevano, trasmettevano la loro tecnica a un apprendista”. Più avanti aggiunge: “Il ballerino […] deve avere un mestiere e un istinto, mescolanza strana di disciplina e libertà”.

Confrontiamo, per un momento, le constatazioni di Béjart con le condizioni attuali dello show business, basato in modo ossessivo sul culto (peraltro effimero, destinato a scomparire, ad essere continuamente sostituito) della personalità (altrettanto effimera, superficiale, mutevole). Che enorme differenza!
In Béjart l’artista non è un genio, non è un idolo da ammirare con un senso di inferiorità, ma è un artigiano, un operaio dell’arte, umile, non egocentrico, senza protagonismi.

Passiamo alla seconda questione: cos’è la danza? Quante sono le danze?
Così risponde Béjart:

“La danza è UNA e in movimento. Ogni scoperta ne comporta un’altra senza abolire il passato. […] Le classificazioni nella danza hanno dato vita a una specie di razzismo, […] sono contemporaneo, post-africano, pesudo-classico, minimal-giapponesizzante, moderno-argentino, folklorico-rétro e indo-petipatista… Viva la Danza”.

Ancora una volta, confrontando la proposta di Béjart con le condizioni attuali della danza italiana, appare una distanza enorme: quante suddivisioni (eccessivamente astratte, spesso dettate da desideri di rivalsa e competizione egoistici) hanno piantato ostilità tra i danzatori contemporanei, i danzatori butoh, gli improvvisatori, i performer, i danzatori jazz, i ballerini classici, etc. Senza rendersi conto, peraltro, che questi razzismi non hanno fatto altro che agevolare (con il meccanismo divide et impera, dividi e comanda) le restrizioni del Fondo Unico per lo Spettacolo e delle sovvenzioni ministeriali e regionali, l’estradizione della danza di qualità da troppi programmi televisivi e da troppi videoclip, e la lista potrebbe continuare.
Chiudiamo il nostro intervento permettendoci un piccolo suggerimento: leggete questo piccolo libro, soppesatelo sia che siate danzatori (professionisti o amatori) sia che non lo siate perché come la danza è una, è anche un tutt’uno con la vita. E la vita riguarda tutti.

[ndr: le citazioni sono tutte tratte da Lettere a un giovane danzatore Maurice Béjart edizioni Lindau Torino 2011].

Danza – Marice Bèjart Aggiornato: 2016-03-19T13:22:59+01:00 da luca

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