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L’arabesque nella danza classica

Tra le figure più celebri della danza classica c’è l’arabesque, uno dei simboli più rappresentativi della leggiadria e dell’eleganza delle ballerine. Ma che cosa si intende per arabesque e quando fa la sua comparsa nella cultura del balletto?

Cominciamo col dire che questa figura viene eseguita dalla ballerina in diverse varianti. In linea di massima, l’esecuzione più diffusa dell’arabesque prevede che una gamba venga portata il più possibile all’indietro, con il busto dritto o piegato in avanti. Allo stesso tempo, le braccia devono allungarsi entrambe in avanti o verso l’alto, in alternativa in direzioni orizzontali opposte, prolungando ulteriormente la spinta del corpo nello spazio.

arabesque

Contrariamente a quanto si possa pensare, il termine “arabesque” non ha nulla a che vedere con l’Oriente, né tantomeno con gli arabeschi ornamentali. Piuttosto, l’origine del nome è da ricercare nella lingua francese. “Arabesque”, infatti, era il termine utilizzato nella Francia del XVIII secolo per indicare le grottesche, ovvero le antiche decorazioni di ispirazione latina, reinventate a partire dal Quattrocento da molti artisti, tra cui Raffaello e il Pinturicchio. Il concetto basilare degli arabeschi consisteva soprattutto nella volontà di introdurre una novità nel mondo pittorico, contrapponendo uno stile innovativo, fantasioso, quasi imperfetto, ai manierismi tipici del precedente periodo artistico.

Questa nuova filosofia di pensiero venne adattata anche all’ambito della danza. Furono così introdotte figure nuove, incarnazione del concetto di libertà e rottura degli schemi tradizionali. L’arabesque rappresenta proprio il simbolo di questa corrente, con il suo movimento bidirezionale, fluido ed elegante, che taglia i ponti con la staticità verticale tipica del periodo in questione.

Come ulteriore conferma di questa affermazione, troviamo il fatto che l’arabesque in quegli anni venne ideato non solo come una semplice figura, ma come un genere a sé, fatto di più movimenti e varianti. Pertanto sarebbe più corretto parlare di genere, piuttosto che di figura.
In ogni caso, non vi è alcun dubbio che l’arabesque nell’ambito della danza si sia fortemente ispirato al mondo dell’arte. Basta osservare, per esempio, alcuni reperti ritrovati negli scavi di Ercolano e Pompei, così come altre opere decisamente più recenti, tra cui il dipinto “Le tre Grazie” di Antonio Canova, del 1799. Pensandoci bene, inoltre, anche la celebre scultura ellenica della “Nike di Samotracia”, raffigura una Vittoria alata quasi intenta ad eseguire il tipico arabesque, con una gamba tesa all’indietro ed il corpo sospinto verso l’alto. A colpire anche qui è l’eleganza del movimento resa attraverso il linguaggio scultoreo, i panneggi delle vesti mosse dal vento.

Per quanto riguarda la storia di questa figura, le varianti dell’arabesque hanno conservato una certa varietà fino a pochi decenni fa. Fino al tardo Ottocento, infatti, la figura non aveva un’identità ben salda, ma poteva essere eseguita in molti modi, pur mantenendo una certa libertà nella disposizione di gambe e braccia. Tutte le varianti furono analizzate e descritte nel 1820 dal coreografo Carlo Blasis, nel suo celebre Traité élémentaire, théorique et pratique de l’art de la danse.

Con il procedere degli anni, l’arabesque è stato poi inquadrato all’interno di una visione più statica e disciplinata, arrivando alla figura che ogni conosciamo. L’intero corpo si mantiene in equilibrio su una gamba, molto spesso sulla sola punta del piede. La gamba può essere tenuta tesa o più raramente piegata leggermente in demi pliè. La gamba opposta, invece, è ugualmente tesa, ma viene portata all’indietro, facendo in modo che l’angolo tra la schiena e l’arto sia sempre pari a 90°.

Le varianti concesse sono essenzialmente due. La prima è quella dell’arabesque penchée, in cui il busto è notevolmente inclinato in avanti, ma allo stesso tempo la gamba si sposta molto più in alto, per mantenere inalterata l’angolazione tra busto e gamba. La seconda, invece, è l’arabesque glissée o voyagée, che prevede l’abolizione della staticità della figura, con la ballerina che può spostarsi saltellando nello spazio, mantenendo la gamba di sostegno in plié. Il promenade en arabesque, infine, si esegue tenendo la gamba di sostegno tesa, strisciando il piede in senso circolare.

Anche le braccia possono essere orientate in modi diversi. È possibile portare in avanti entrambe le braccia, oppure una sola. In questo caso si sceglierà se lasciare in avanti il braccio dello stesso o del lato opposto rispetto alla gamba sollevata.

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L’arabesque nella danza classica Aggiornato: 2015-05-02T08:48:07+02:00 da luca

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